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Amministratore di sostegno: una figura da conoscere

L’amministratore di sostegno è una figura relativamente recente, istituita nel 2004 e volta a tutelare le persone “fragili” che, a causa di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità - parziale o temporanea - di provvedere autonomamente ai propri interessi.


L’istituto dell’Amministratore di Sostegno va ad affiancarsi alle misure di protezione “storiche” quali quelle dell’interdizione e dell’inabilitazione, che hanno costituito per anni gli strumenti tradizionali di tutela degli incapaci ma i cui provvedimenti di nomina di norma sono estremamente rigidi, incisivi e standardizzati.


Al contrario, le funzioni dell’amministratore di sostegno sono più fluide e vengono specificate di volta in volta nel decreto di nomina e in funzione delle esigenze specifiche e peculiari di ogni soggetto beneficiario, al fine di compensare e sopperire alle sue mancanze e garantirgli una tutela e una serenità sia sotto l’aspetto psico-fisico sia sotto quello patrimoniale.

Tale istituto ha preso sempre più piede e risulta oggi di maggiore applicazione, essendo più tutelante.

I requisiti richiesti per attivare la procedura dell’amministrazione di sostegno sono di tipo soggettivo (la menomazione fisica o psichica, anche temporanea) e di tipo oggettivo (l’impossibilità di provvedere ai propri interessi).


Con particolare riferimento alla cura della salute pare opportuno evidenziare che di norma la persona beneficiaria mantiene in ogni caso - ex art. 32 Cost. - il diritto personalissimo e inviolabile di prestare o meno il consenso informato a trattamenti sanitari e/o a terapie chirurgiche.


Nel caso in cui però la persona beneficiaria non sia più assolutamente in grado di comprendere le informazioni dei sanitari, di norma viene imposto all’amministratore di sostegno di verificare la sussistenza di DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) depositate come per legge, al fine di consentire il pieno rispetto delle Sue volontà.

In caso di loro assenza l’ads, ex art. 3 L. 219/17, potrà prestare il consenso autonomamente solo per interventi di cura di carattere ordinario mentre per eventuali trattamenti invasivi o interventi chirurgici rischiosi potrà farlo solo dopo aver cercato di ricostruire la volontà del beneficiario in qualunque modo precedentemente espressa, ascoltando i famigliari e le persone a lui vicine, per poi ricorrere al Giudice Tutelare in caso di dubbi o riserve.


L’ads è tenuto a monitorare le condizioni di salute e di vita della persona sollecitando e interagendo con i competenti servizi sociali e sanitari, migliorandone se possibile la soluzione assistenziale e abitativa e gestendo altresì gli aspetti sociali e di vita quotidiana, tra i quali il domicilio, l’affiancamento per la gestione delle incombenze quotidiane, la ricerca di una occupazione lavorativa, la predisposizione della documentazione necessaria per la richiesta di eventuali sussidi o ammortizzatori sociali o assistenziali di ogni genere (invalidità, accompagnamento, etc.) e quanto altro.


Il beneficiario sarà anche affiancato, ove necessario e nel caso in cui presentasse deficit e/o lacune nella cura del proprio patrimonio, nella gestione di beni mobili, immobili, nella riscossione di stipendi, pensioni, assegni, indennità, rendite, canoni locatizi, etc. tutto in un’ottica di conservazione delle risorse finanziarie dello stesso e al soddisfacimento delle necessità ordinarie e straordinarie del medesimo.


Non mi pare opportuno approfondire in questa sede gli aspetti procedurali, ma ritengo fondamentale ancora una volta evidenziare, per quanto necessario, che la nomina di un ads impone una scelta per quanto possibile condivisa e comporta una attività da svolgere con delicatezza, competenza ed esperienza, volta esclusivamente a far star bene il beneficiario.



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